«Eh sì, siamo soli», dichiara il Fisico Sindoni, argomentando in base al fallimento del Progamma Seti. Le evidenze “fisiche” sono infatti «le condizioni particolari della Terra e del fatto che non abbiamo ancora trovato niente al di fuori del nostro pianeta, come dimostra il Programma Seti per l’ascolto di segnali extraterrestri».


Pigiati qui sulla Terra come se fosse un astronave, e abituati alla promiscuità di quasi 7 miliardi di individui (e potremmo salire a 9 già entro il prossimo mezzo secolo), la nostra solitudine nel cosmo ci pesa e ci tormenta. Ed è per questo che l'uomo da sempre si pone pesanti interrogativi sull'esistenza di altre forme di vita nell'universo. Anche i più brillanti scienziati come Hawking, Drake, Sagan e Fermi si sono posti la fatidica domanda: Siamo veramente soli nell'universo? Gli alieni esistono? Un fisico dell’Università Bicocca, Elio Sindoni, ha trasformato questa domanda nel titolo di un saggio, tanto agile nella forma quanto ricco di informazioni. Qui a seguire vediamo alcune domande poste al Fisico Italiano.

Professore, partiamo dalla fine: Siamo soli nell’Universo?
«E’ sì, siamo soli».

La pensano così tutti gli scienziati?
«Tutti no, ma questa è la risposta scientifica più condivisa. E così pensava Enrico Fermi, quando formulava il paradosso sulle presunte civiltà aliene: “Dove sono tutte quante?”».

Soli sulla base di quali evidenze?
«Delle condizioni particolari della Terra e del fatto che non abbiamo ancora trovato niente al di fuori del nostro pianeta, come dimostra il Programma Seti per l’ascolto di segnali extraterrestri».

Ma non crede che si sia cercato troppo poco?
«Sicuramente si dovrà cercare ancora. L’astrofisico americano Frank Drake, autore della famosa “equazione” sul numero di possibili civiltà extraterrestri in grado di comunicare con noi, sostiene che si dovrebbe realizzare un radiotelescopico sulla parte nascosta della Luna, un punto “pulito” del Sistema solare, libero da tutte le radiazioni elettromagnetiche terrestri».

L’esobiologia è comunque una scienza in forte ascesa, giusto?
«Infatti. Il motivo è che bisogna distinguere tra due ipotesi: che ci siano altri esseri intelligenti e che, date specifiche condizioni, dall’acqua al carbonio per esempio, sia sbocciata qualche altra forma di vita da qualche altra parte nell’Universo. Questa seconda possibilità - lo sappiamo - è abbastanza probabile».

E perché la prima no?
«Il problema è rappresentato dall’insieme di eventi che ci ha portato da una forma probiotica fino all’homo sapiens. Sono successe vicende incredibili ed è stato necessario un pianeta come la Terra».

Per esempio?
«Ci sono state almeno sette estinzioni di massa, nel corso di milioni di anni, in cui la vita si è rannicchiata in pochi angoli e poi è di nuovo esplosa, ricominciando il suo cammino. E’ una sequenza statisticamente molto improbabile».

Eppure l’Universo è abbastanza vasto per ospitare altre Terre e altri habitat favorevoli: ora si stanno scoprendo centinaia di esopianeti.
«Sì, ma questo non significa che si arrivi automaticamente a manifestazioni di intelligenza paragonabili alla nostra».

E se qualche essere cosciente, comunque, ci fosse, resta il problema di distanze invalicabili: è così?
«In effetti, anche se ci fossero questi esseri, o se ci saranno in futuro, il dialogo diventerebbe molto difficile. A noi basterebbe trovare un segnale: sarebbe la più grande notizia di tutti i tempi».

Oggi i mostri alla «Alien» e gli Ufo sono in ribasso, al contrario dei microrganismi extraterrestri: se ne parla sempre di più e si discute se li abbiamo già trovati, come fossili, su Marte.
«Questi studi marziani sono controversi, ma non è escluso che esistano batteri extraterrestri anche nel nostro Sistema solare: mentre si continua a discutere se su alcuni meteoriti caduti in passato sulla Terra ci siano tracce di microrganismi provenienti dallo spazio, uno dei progetti più affascinanti è quello di inviare una sonda su Europa, una delle lune di Giove, e scavare nel suo strato di ghiaccio alla ricerca di vita».

Anche le comete sono sempre più studiate come «messaggeri» della vita.
«In molte sono state trovate molecole organiche, rafforzando l’ipotesi della panspermia, vale a dire che la vita sia arrivata sulla Terra - e forse su altri pianeti - dall’esterno».

Batteri a parte, l’eccezionalità della nostra specie viene spiegata con il «Principio antropico», che enfatizza «la mostruosa serie di accidentalità» - come scrisse Fred Hoyle - che conducono alla nostra esistenza. E’ la pietra tombale per qualsiasi ET?
«Le evidenze su cui si fonda il “Principio”, elaborato da molti grandi studiosi, da Brandon Carter a John Barrow, sono dati di fatto. Non c’è - come sospetta qualcuno - alcun sottofondo religioso».

E’ uno dei rari casi in cui scienza e religione non litigano.
«E’ così».

Ma allora qual è il senso di una ricerca che impegna grandi risorse?
«Non è detto che non ci sarà mai una scoperta: dato che non sappiamo come sia nata la vita sulla Terra, trovarla da qualche altra parte, anche in esseri che non sono approdati all’autocoscienza, potrebbe aiutarci a capire che cos’è successo qui».

Ha ancora senso parlare di vita terrestre e di vita aliena o è più probabile un’unica matrice?
«E’ difficile dare una risposta certa, ma, visto che le leggi della fisica e della chimica sono le stesse in tutto l’Universo, è improbabile che i microbi alieni sarebbero tanto diversi da quelli estremofili che si trovano sui fondali oceanici o vicino ai vulcani. Non a caso l’ipotesi più recente colloca la nascita della vita sul nostro pianeta nelle sorgenti idrotermali a grande profondità. Di sicuro gli scienziati continueranno a indagare il mistero della vita e quel probabile fondo alieno che è nascosto in noi».


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