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Martedì 9 ottobre 2012 verrà assegnato il premio Nobel per la fisica e già da tempo si cerca di prevedere chi saranno i vincitori. La Thomson Reuters che dal 1989 stila un elenco dei “papabili”, per quest’anno fra tre ipotesi.

 

Quantum Leap

1. Stephen E. Harris e Lene V. Hau per aver ottenuto l’evidenza sperimentale di alcune curiose proprietà ottiche della materia come la trasparenza indotta da campi elettromagnetici (ovvero la possibilità di rendere un mezzo trasparente in una regione dello spettro elettromagnetico in cui normalmente esso si comporterebbe come assorbitore) e la “luce lenta”, un altro fenomeno di interazione radiazione-materia, la possibilità di controllare e rallentare la propagazione di un impulso luminoso in cristalli di varia natura o guide d’onda o altre strutture;

2. Leigh T. Canham per la scoperta della fotoluminescenza (la luminescenza indotta dalla radiazione elettromagnetica) nel silicio poroso;

3. Charles H. Bennett, Gilles Brassard e William K. Wootters per il teletrasporto quantistico, che non è quella roba di Star Trek ma un processo che permette di ricostruire altrove lo stato ignoto di una particella quantistica senza però trasmissione di materia.

Nessun premio ai facitori dell’Higgs, almeno così si spettegola.

È una stimata compagnia comunque, non c’è che dire, e tra questi ben conosco Wootters per aver letto e riletto i suoi lavori quando mi occupavo proprio di queste faccende. Per cominciare è l’autore, con Wojciech Zurek (perché nessuno prende in considerazione Zurek per il Nobel?) di un articolo che è una pietra miliare nella storia della meccanica quantistica, A single quantum cannot be cloned, quello che contiene la dimostrazione del teorema di no-cloning che il teletrasporto di uno stato quantistico ve lo permette ma solo se distruggete lo stato originale.

Poi ha a che fare, Wootters, col termine “qubit“, il bit quantistico, l’unità di base della computazione quantistica che come il bit classico ammette solo due stati però combinati tra loro per creare uno stato che è la loro sovrapposizione lineare. Si narra che questo termine venne pronunciato per la prima volta da Ben Schumacher proprio durante una conversazione con Wootters ma vai a sapere se è andata davvero così, quello di cui son certo è che ormai anche i fisici puri e duri, quelli ai quali bastava e avanzava “sistema a due livelli”, l’han fatto entrare nel proprio gergo. Wotters è uno di quelli che l’ha pronunciato meglio perché “Entanglement of a Pair of Quantum Bits” è uno degli articoli di formazione del giovane fisico che intende cimentarsi con queste robe.

Comunque, se la scelta cadrà su robe quantistiche ci sono altri nomi da ricordare, ad esempio Alain Aspect, Anton Zeilinger e Juan Ignacio Cirac sulle faccende legate all’entanglement ma, ancor di più, Sir Michael V. Berry e Yakir Aharonov.

 

Articolo scritto da Peppe Liberati          Fonte italiana: (clicca qui)

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