onmvpar

Un po’ alla chetichella, senza dar troppo nell’occhio, le nanotecnologie sono entrate nella nostra vita. Alimenti, cosmetici, tessuti, prodotti elettronici, materiali edili sempre più spesso contengono nanoparticelle, strutture ultra piccole, nell’ordine di un miliardesimo di metro (dimensioni comparabili a quelle di un virus e infinitamente più piccole rispetto a una cellula) in grado di conferire alle sostanze proprietà del tutto inedite. Quando si smonta e rimonta la materia su scala atomica, si possono creare prodotti incredibili, come vetri autopulenti, tute ignifughe, vernici antigraffio, superfici antibatteriche, spugne mangia-petrolio, farmaci-robot… Ma un interrogativo incombe sopra il meraviglioso mondo nano: le nanoparticelle sono sicure? Le ingeriamo, le respiriamo, le tocchiamo, ma sappiamo quali effetti provocano sugli organismi viventi? Ad affrontare il tema, di scottante attualità, è il workshop “Nanoparticelle di sintesi e ambientali: angeli o demoni?” organizzato il 29 settembre all’Università La Sapienza di Roma. “Mentre le applicazioni si moltiplicano, restano ancora da chiarire i rischi sulla tossicità”, premette Silvana Fiorito, immunologa del Dipartimento di medicina clinica dell’ateneo capitolino e organizzatrice del convegno. “La questione è estremamente complessa perché non è possibile generalizzare, fissando standard che valgano per tutte le nanoparticelle. L’unica cosa che le accomuna sono le piccole dimensioni, per il resto ciascuna interagisce con cellule e tessuti in modo diverso, e addirittura l’effetto biologico varia da cellula a cellula. Ecco perché è necessario effettuare studi tossicologici specifici, caso per caso”.

nanotecnologie 35941

Non solo. Lo stesso metallo può avere un comportamento in dimensioni nanometriche, un altro in dimensioni micrometriche, e un altro ancora sotto forma di ione. Prendiamo il biossido di titano (TiO2): sarebbe innocuo in forma di grani micrometrici, mentre nella sua versione nano è stato classificato già nel 2006 come dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro. Che conclude il proprio parere così: “Visto il crescente impiego del nano-TiO2 nei prodotti di consumo (alimenti e packaging alimentari, filtri solari, cosmetici) occorrono tecniche più avanzate per rilevare il biossido di titanio nei tessuti ed esaminarne la possibile cancerogenicità, anche a seconda della via di esposizione (se respirata, ingoiata, per contatto)”.

Insomma, servono studi di sicurezza, come è stato ripetuto alla recente Conferenza sulla nanotossicologia di Pechino. Un richiamo che non vale solo per la Cina, i cui prodotti nanotech sono poi esportati tutto il mondo, ma anche in Europa, dove manca una regolamentazione specifica in materia, nonostante l’attenzione comunitaria rivolta alle nanotecnologie sin dagli albori. Laddove gli studi sono stati effettuati, le sorprese non sono mancate. “In collaborazione con il Max Planck Institute, abbiamo confrontato su cellule umane e in vitro gli effetti delle nanoparticelle emesse dai motori diesel euro 3 ed euro 4”, racconta Fiorito, che presenterà queste ricerche nel corso del convegno. “Ebbene, contrariamente a quanto si possa pensare, il particolato ultrasottile dei motori euro 4, più recenti ed ecologici, è risultato a parità di concentrazioni molto più pericoloso dei motori euro 3. L’effetto sarebbe dovuto a differenze minime a livello dell’ultrastruttura delle nanoparticelle. Questo dimostra che la riduzione delle emissioni non implica, necessariamente, la riduzione del danno: perché se cambia la composizione del particolato, gli effetti biologici variano”.

A riprova del fatto che non si può parlare genericamente di nanoparticelle. Ci sono esempi di nanoparticelle innocue, come quelle superparamagnetiche impiegate in medicina nei test diagnostici, in altri casi i dati controversi, in altri ancora da valutare. Il problema è che questi esami tossicologici dovrebbero arrivare prima che l’industria – alimentare, medica, cosmetica, elettronica o automobilistica che sia – faccia ricorso alle nanotecnologie (ricorso, peraltro, di cui non sempre il consumatore è al corrente). La questione è dirimente e non può più essere evasa. Per la nostra salute, per la tutela dell’ambiente e, in definitiva, per la tanto inseguita accettazione pubblica da cui dipende il futuro del nanotech.

 

Articolo scritto da Daniela Cipolloni            Fonte: oggiscienza.wordpress.com

Immagine di testata (clicca qui)  immagine (clicca qui)


Ultime News

I Più Letti