Una nuova tecnica permette di individuare la formazione di macchie solari con due giorni di anticipo. E quindi di prendere provvedimenti tempestivi. Sara’ uno strumento molto utile per gli astronauti, la cui incolumita’ puo’ essere messa in pericolo dalle turbolenze del campo magnetico solare, ma anche per le telecomunicazioni terrestri, che rischiano il blackout durante le tempeste magnetiche piu’ potenti.


Lo studio su Science. È in arrivo un meteo spaziale ancora più preciso, preannunciando anche con due giorni di anticipo una tempesta solare. Un gruppo di ricercatori dell’ Università di Stanford ha infatti messo a punto una nuova tecnica che permette di predire la comparsa delle macchie solari sulla superficie del Sole, molto spesso segnale dell’arrivo di turbolenze del campo magnetico solare. Il metodo, descritto sulla rivista Science, potrebbe avere ricadute molto importanti sulle attività umane nello Spazio e sulla Terra. Da un lato sarà un ottimo strumento per gli astronauti in missione, la cui incolumità viene messa a rischio dall’attività solare, dall’altro lato servirà a rendere più efficienti le telecomunicazioni esterne, riducendo il rischio che forti tempeste magnetiche provochino inattesi blackout. Fino a ora le previsioni del meteo spaziale non sono state in grado di mettere in guardia tempestivamente le società elettriche, le compagnie aeree, la Nasa e altri. L’avvertimento dell’arrivo di una tempesta solare arrivava solo dopo la comparsa delle macchie solari, cioè troppo tardi.


Ecco perché gli scienziati di Stanford sono così entusiasti di aver trovato un metodo più efficiente di previsione. “È un risultato importante”, ha detto David Hathaway, fisico solare del Marshall Space Center di Huntsville (Alabama) della Nasa: “ Per molto tempo abbiamo sperato di vedere le tempeste di macchie solari prima che si presentino”.

Gli esperimenti che hanno portato a questa nuova tecnica sono stati coordinati da
Stathis Ilonidis, uno studente laureato in fisica a Stanford. I ricercatori hanno usufruito dei dati raccolti dal telescopio spaziale  Soho (Solar and Heliospheric Observatory), nato da un progetto congiunto dell' European Space Agency e della Nasa.

In questo modo hanno scoperto che le
turbolenze magnetiche all’origine delle macchie si generano 65mila chilometri sotto la superficie della stella, e possono essere molto più forti di quanto previsto dalle attuali teorie. La loro risalita verso la superficie avviene con una velocità compresa tra 0,3 e 0,6 chilometri al secondo, e può generare macchie solari nel giro di uno o due giorni dopo il primo avvistamento.

Il nuovo metodo, come hanno precisato gli scienziati, potrebbe fornire previsioni tempestive di
brutto tempo spaziale, ma prima di essere davvero utile dovrà essere migliorato e raffinato ulteriormente. Una sfida, questa, che la scienza non può non cogliere In questo periodo il nostro Sole è stato molto attivo, tant’è che una quindicina di giorni fa si è temuto per l’arrivo di una potente tempesta solare. In generale però stiamo uscendo da una fase decennale di alta attività in cui il Sole è stato coperto da dozzine di macchie scure e ha sputato verso il nostro pianeta enormi flares e palle di gas surriscaldato grandi quanto interi pianeti.

Ora invece stiamo entrando in una nuova fase
più tranquilla, ma in questo passaggio dal primo al secondo periodo ci ritroviamo in una zona di pericolo, dove non è esclusa la comparsa di macchie solari.


A rischio c’è anche la stessa vita delle persone. Uno studio da poco pubblicato sulla rivista  Geophysical Research Letters, per esempio, ha riferito che i raggi e le miliardi di particelle extraterrestri provenienti dal Sole possono minacciare la sicurezza degli aerei e dei passeggeri. Mike Lockwood, docente di fisica dell’ambiente spaziale della  Reading University, è convinto che le persone che effettuano regolarmente voli di lungo raggio siano in pericolo a causa dell’esposizione alle radiazioni solari. E la situazione sembrerebbe destinata a peggiorare.


Secondo Lockwood, in futuro, quelli che voleranno verso il Canada o verso la costa occidentale degli Stati Uniti almeno due o tre volte all’anno dovrebbero prendere seriamente in considerazione l’ipotesi di sottoporsi a screening scrupolosi per verificare la presenza di danni cellulari potenzialmente cancerogeni. A dosi molto elevate, infatti, le radiazioni solari possono provocare il cancro.

Nella maggior parte dei casi la Terra fa da scudo alle radiazioni, ma quando si vola ad alta quota, per esempio sopra i poli, questa protezione salta.“
Non voglio essere allarmista”, ha precisato Lockwood: “ Si tratta di un problema serio e deve far pensare, ma non deve spingere le persone a non prendere più l’aereo”.

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