Forse è più facile trovare gli Alieni che i soldi necessari a cercarli. La cinica conclusione è del New York Times, che ha dedicato un articolo alla ripresa dell’attività del Seti, l’organizzazione che ricerca evidenze di intelligenze extraterrestri.

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Ricorderete che circa un anno fa uno dei programmi più ambiziosi della storia dell’umanità rischiò concretamente la chiusura per il venir meno dei quattrini, aggiunto che dal 1993 non sono più destinati fondi federali alla causa: le difficoltà finanziarie dell’Università della California determinarono la provvisoria ibernazione della Allen Telescope Array, la rete di 42 radiotelescopi collocati ad Hat Creek. Ma quando il grido d’allarme fu nitido (“Così si sbaraccherà tutto”), ecco una svolta positiva: donazioni pubbliche e soprattutto l’intervento di alcuni milionari della Silicon Valley (e non solo) gettarono linfa nuova sul piano(traduzione: una bella quantità di “verdoni” dotati dell’effige dei presidenti Usa).

Così lo scorso dicembre si è ripreso a scandagliare verso la costellazione del Cigno, ritenuta tra quelle che offrono gli scenari più interessanti. “La vita e la tecnologia nel cosmo potrebbero essere rare, ma di sicuro da qualche parte, fuori di qui, devono esserci” ha dichiarato Geoffrey W.Marcy, professore della University of California, Berkeley. Ma la riaccensione degli impianti non ha cancellato le ombre sul futuro: la crisi finanziaria del pianeta Terra, che non risparmia gli Usa, rende legittimo l’interrogativo “fino a quando si potrà resistere?”.

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Il NY Times, ricordando che solo poco più del 10 per cento del numero dei telescopi preventivato originariamente è stato costruito (la rete avrebbe dovuto essere di 350, quelli esistenti sono 42, come detto), butta lì una battuta sarcastica: “Gli extraterrestri potrebbero telefonare, ma noi abbiamo pagato la bolletta?”.

Poco importa secondo alcuni, tanto gli Alieni sono già venuti, sono mescolati con noi e quando decideranno un bello “showdown” pubblico, lo faranno alla faccia dei nostri soldi. Però, con questo, non auspico di sicuro il crollo del Seti. Un’esperienza del genere avrà sempre un valore culturale, morale e di stimolo intellettuale.

Intato per ora, e tornando con i piedi per terra, preghiamo i signori Paperoni, i pubblici e i privati: meno armi e fuori il cash per le spese “stellari”.

 

Chi fosse interessato a leggere l'articolo in inglese lo può trovare sul New York Times

La traduzione in italiano è a cura di MisteriBufo


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